Finanziamenti provinciali alla formazione professionale: Degasperi scrive a L’Adige

  • Autore dell'articolo:
  • Categoria dell'articolo:Scuola

giovanettiRiportiamo la lettera inviata al Direttore de L’Adige, Pierangelo Giovanetti, dal consigliere portavoce Filippo Degasperi riguardo l’articolo di ieri sui finanziamenti della Provincia Autonoma di Trento alla formazione professionale trentina.

Gentile Direttore,
di fronte al brillante quadro della Formazione professionale dipinto oggi sul Suo giornale, ritengo opportuno e doveroso proporre qualche ulteriore spunto.

Partendo dai numeri, forse potrebbe essere utile chiarire che la crescita registrata dagli iscritti al canale della formazione deriva essenzialmente dalla scelta della Provincia di Trento (unica in Italia) di eliminare l’istruzione professionale. Doveroso è poi ricordare che, mentre in Alto Adige la formazione professionale è nella mani della Provincia con risultati evidenti in termini di qualità (basti ricordare le differenti performance dei tassi di occupazione giovanile dei due territori) in Trentino si è scelto di abbandonarla ad enti privati, molti di natura confessionale, gestiti spesso (guarda caso) da politici o ex politici. A questi enti la Pat riconosce la copertura del 100% dei costi (tutto considerato parliamo di più di 50 milioni di euro l’anno ) oltre a mettere a disposizione gratuitamente laboratori, uffici, impianti e attrezzature.
Si insiste molto sul concetto secondo il quale la formazione non sarebbe un percorso di serie B o la Cenerentola dell’istruzione. Purtroppo invece (e lo scrive uno che nella formazione professionale della Pat ha creduto per anni) è proprio così.
Basti guardare alle modalità di reclutamento del personale (discrezionali quando non arbitrarie nella maggior parte dei centri privati), al trattamento riservato agli insegnanti cui, in qualche istituzione vengono applicati (con l’avallo della Pat) contratti di lavoro assolutamente discriminatori rispetto ai colleghi con la conseguenza che gli studenti, senza saperlo, si trovano in classe non “insegnanti” ma “formatori”, figure del tutto sconosciute al panorama normativo provinciale. Senza dimenticare poi la scelta della Pat di non riconoscere agli insegnanti che transitassero al canale dell’istruzione, gli anni di servizio svolti nella formazione quando tale diritto è riconosciuto a tutti gli altri, compresi gli insegnanti delle scuole materne.
Si è letto della possibilità di accedere all’Esame di Stato. Intanto sarebbe interessante chiarire come mai solo agli enti privati sia stato concesso (e finanziato) il quinto anno, mentre ai due istituti pubblici (Pertini e Alberghiero di Levico e Rovereto) tale opportunità sia stata negata.
Se poi si vanno ad esaminare i piani di studio della formazione (aggiornati con un intervento, come d’abitudine, calato dall’alto senza alcun coinvolgimento di chi vive la scuola tutti i giorni) anche un profano coglierebbe al volo l’estrema difficoltà di recuperare quanto previsto.
Si consideri per esempio che nel terzo e nel quarto anno della formazione spariscono materie fondamentali (in teoria) come l’italiano, la storia, l’informatica e la matematica mentre parecchie ore sono dedicate a discipline singolari come la fantomatica LAR (laboratorio atteggiamenti e relazioni) in cui, con tanto di voto in pagella, gli studenti trattano (con insegnanti per i quali la Pat non ha nemmeno chiarito titoli o competenze) di igiene personale, educazione e postura.
La formazione professionale, sfruttando anche le peculiarità offerte dall’Autonomia,  potrebbe rappresentare un formidabile volano per la crescita dei giovani e delle imprese. Abbandonata ai privati (ricordiamo anche che di recente la Pat ha eliminato l’ufficio che si occupava delle verifiche e delle ispezioni sui centri paritari) è diventata fonte di sprechi (quanti dirigenti ci sono rispetto al numero di studenti e con quali modalità avvenga la loro selezione è l’oggetto di una recente interrogazione) e di clientele, alle spalle di chi nella formazione crede ma, soprattutto, ai danni di famiglie e studenti.
La proposta del M5s è semplice e chiara: la formazione professionale di base torni nelle mani della Provincia (si risparmierebbero risorse) e si integri definitivamente con il canale dell’istruzione eliminando in radice tutti i dubbi sulla serie A o la serie B.”