Il M5S presenta oltre 500 emendamenti contro il ddl regionale sulle quote rosa

Domani verrà discusso in Consiglio regionale il ddl n. 23/XV (a prima firma di alcuni consiglieri del PD Trentino) che punta a vincolare la libertà di scelta dell’elettore trentino obbligandolo ad esprimere preferenze di genere diverso solo nei comuni della Provincia di Trento. Si tratta di un atto coercitivo che pone su un piano di disparità le donne del Trentino e quelle dell’Alto Adige. Non si ritiene nemmeno corretto cambiare le regole a pochi mesi dalle elezioni amministrative. ll M5S ha presentato oltre cinquecento emendamenti per modificare le previsioni del ddl n. 23/XV. La parità di genere si ottiene non limitando la libertà di scelta dell’elettore ma piuttosto tutelando il ruolo delle donne offrendo i servizi che oggi mancano (per esempio asili nido, politiche sociali, posti letto nelle RSA, assistenza domiciliare agli anziani).

Nel Movimento è stato spesso dimostrato che la parità di genere si può raggiunge senza bisogno delle “quote rosa”, strumento ormai ambito dalle segreterie dei partiti per assicurarsi in esclusiva un’improbabile investitura di paladini della difesa degli interessi delle donne che viene poi smascherata come accaduto in Parlamento a marzo dell’anno scorso quando le deputate del PD si sfogarono dicendo “tradite dai nostri”.

Oltre ad opporsi al ddl n. 23/XV, il M5S ha anche sfruttato l’opportunità di emendare la L.R. n. 3/1994 e leggi collegate per estendere il sistema elettorale proporzionale a entrambe le province della Regione e per introdurre delle modifiche legate alla democrazia diretta quali: l’affermazione dell’autonomia organizzativa degli organi comunali e del principio della rotazione per la Presidenza del Consiglio comunale, il voto postale per le elezioni, il limite di due mandati consecutivi per la carica di sindaco, il miglioramento della trasparenza e semplificazione normativa, la possibilità di modificare lo statuto con iniziativa popolare a voto popolare (referendum propositivo), la revoca degli eletti (Sindaco, giunta e assessori), la possibilità per i cittadini di convocare il consiglio comunale e inserire all’ordine del giorno le questioni richieste, la mozione di sfiducia di iniziativa popolare, l’abbassamento degli importi minimi per i progetti preliminari di opere pubbliche che sopra una certa soglia devono essere approvati almeno dal Consiglio comunale, l’introduzione e l’applicazione del referendum finanziario obbligatorio, la registrazione audiovisiva e lo streaming almeno per i Comuni con popolazione superiore ai 15mila abitanti, il sorteggio del sindaco in caso di dimissioni o decadenza, la nomina di commissario e di comitato popolare costituito da cittadini sorteggiati dalle liste elettorali, la possibilità di presentare richieste di iniziativa popolare a voto popolare con controproposta del consiglio comunale.