Riforma della scuola trentina: ecco le proposte del M5S

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L’ultima riforma della scuola, frutto delle proposte dell’«Associazione Treelle» (un pensatoio che si occupa di «education», come si definisce essa stessa, e che a giudicare dal parterre di soci ed esperti, da Luigi Berlinguer a Domenico Fisichella passando per Fedele Confalonieri, Giuliano Ferrara e Attilio Oliva è nobile antesignana del «patto del Nazareno») minaccia di far affondare definitivamente la nave del sistema formativo italiano.

Il M5S ha avversato la cosiddetta Buonascuola in Parlamento e lo stesso farà in Consiglio provinciale. Abbiamo proposto una nutrita serie di emendamenti (più di tremila), alcuni ostruzionistici necessari (come dimostra l’esperienza) per avere una minima possibilità di essere ascoltati, molti costruttivi per mitigare gli effetti più deleteri di questa iniziativa.La prima proposta è quella di abrogare il principio della chiamata diretta degli insegnanti da parte del dirigente scolastico, esso stesso di fatto scelto oggi dal Presidente della Provincia.

Considerato che la riforma si sostanzia essenzialmente in questo, in subordine chiederemo almeno che i criteri in base ai quali il dirigente sceglierà i docenti siano oggettivi e soprattutto concordati anticipatamente in modo da non lasciare campo aperto all’arbitrio.
Rimane da capire (ma tocca ai proponenti spiegarcelo) in che modo la scelta dei docenti inciderà sui risultati del sistema posto che anche gli insegnanti rimasti, per avventura, fuori dalla cerchia dei prescelti continuerà (fortunatamente) a svolgere il proprio lavoro.

In secondo luogo chiediamo che i politici smettano di intervenire nelle scelte formative delle scuole condizionandole quando non dettandole direttamente. Allo stato la Giunta gode di un potere spropositato e può stabilire programmi, indirizzi, strategie, obiettivi. I nostri emendamenti puntano invece a garantire il principio costituzionale della libertà d’insegnamento e più in generale dell’autonomia scolastica.Altra questione importante è quella del recupero dei debiti scolastici.

Il Trentino resta l’unico territorio in tutta Italia (Provincia di Bolzano inclusa) a non prevederne l’obbligatorietà. Come sostengono (inascoltate) le categorie economiche, è necessario che le scuole «ritrovino il coraggio di non rilasciare qualifiche o diplomi a chi non raggiunge determinati obiettivi». Purtroppo da anni la scuola trentina è stata indirizzata verso il modello anglosassone ritenuto erroneamente «vincente». La conseguenza è stata l’invasione dei giudizi basati non sulla qualità delle personalità e delle persone formate ma sulla capacità di rispondere a test spesso puramente nozionistici.

Si insegna e ci si esercita sempre meno al ragionamento, al pensiero critico, alla comprensione delle materie. In compenso si addestrano gli studenti a rispondere bene ai test. I nostri emendamenti intervengono poi sul mito della scuola come ancella del mondo del lavoro: secondo gli «architetti della riforma» la scuola servirebbe esclusivamente a fornire alle imprese la manodopera della quale abbisognano. Questa visione fordista è inaccettabile: la scuola serve allo sviluppo dell’individuo, non a creare automi obbedienti.

Le tendenze del mercato del lavoro non sono prevedibili a priori, sono mutevoli e proprio a questo vanno preparati i ragazzi. C’è poi un secondo errore di fondo, riassunto bene dallo studio della McKinsey «Studio ergo lavoro», la base scientifica della riforma Renzi. La tesi qui è che gli studenti uscirebbero dalla scuola italiana impreparati al mondo del lavoro. La medesima ricerca invece deve dar conto di come l’84% delle imprese italiane sostenga di non avere problemi a reperire il personale che gli serve appena uscito dal mondo della scuola.

Di cosa stiamo parlando quindi? Forse del fatto che per la McKinsey gli studenti italiani non dovrebbero scegliere gli studi in base alle proprie inclinazioni o attitudini ma piuttosto in base «alle esigenze del mercato»? E’ anche interessante notare come per gli imprenditori italiani la prima competenza che manca al personale neo diplomato sia la conoscenza dell’italiano! E nella lista di carenze troviamo la comunicazione scritta e orale, le capacità analitiche, le capacità informatiche oltre alla matematica.

Magari con questo c’entra qualcosa il fatto che stiamo ormai ammaestrando gli studenti a rispondere bene a batterie di test (e in questo la scuola trentina eccelle) ma non a scrivere un tema di italiano o a risolvere un problema di geometria? Non è sbagliato valutare ANCHE la capacità di un istituto di formare individui capaci di trovare lavoro. Per questo però riteniamo più utile e trasparente che le scuole pubblichino i risultati occupazionali conseguiti dai loro studenti a 3 e 5 anni dal diploma, in modo da verificare l’adeguatezza di ogni istituto anche sotto questo punto di vista.

A tema trasparenza abbiamo qualche ulteriore proposta per esempio in tema di scelta dei revisori dei conti per sorteggio tra i professionisti disponibili e non per nomina tra dipendenti della Provincia indicati dalla Giunta. Nello stesso ambito riteniamo fondamentale rendere agevole l’accesso per i consiglieri agli aspetti gestionali delle scuole private finanziate dalla Provincia, oggi praticamente impossibile e prevedere sanzioni certe per le paritarie che non rispettano i requisiti concordati per ottenere l’accesso ai soldi pubblici. Se i requisiti e gli accordi non vengono rispettati la parità deve cadere.

La Provincia nel prossimo triennio, solo per la Formazione professionale di base, finanzierà scuole ed enti privati con circa 150 milioni di euro. Questo contributo, estremamente generoso, deve tener conto del tipo di contratto applicato al personale dato che è impensabile che eventuali risparmi ottenuti dagli enti sulla pelle dei dipendenti vadano ad esclusivo vantaggio degli enti stessi. Se il costo del personale si riduce deve essere proporzionalmente ridotto anche il finanziamento.

Infine sempre sulla Formazione professionale, riteniamo sconsiderate le scelte portate avanti dalla Giunta Rossi che avranno come unica conseguenza quella di portare alla riproduzione delle disuguaglianze nelle opportunità di istruzione, imponendo scelte precoci e limitando, quando non eliminando del tutto, la funzione inclusiva e quella di ascensore sociale che il sistema formativo pubblico dovrebbe garantire.

Cons. prov. Filippo Degasperi
Gruppo consiliare MoVimento 5 Stelle