Secondo incontro alla Camera di Commercio di Trento per parlare di riforma camerale

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Dopo il primo incontro del 7 Luglio scorso al quale avevano partecipato Riccardo Fraccaro e Filippo Degasperi, ci siamo rivisti di nuovo con i vertici dell’ente a Trento.

Ieri mattina Manuela Bottamedi ha incontrato Adriano Dalpez (Presidente), Mauro Leveghi (Segretario generale) e Alberto Olivo (Dirigente Affari Generali) della Camera di Commercio di Trento.

Innanzitutto li abbiamo informati dell’emendamento di Fraccaro in Parlamento che permetterebbe alle imprese di risparmiare migliaia di euro senza oneri per lo Stato attraverso la previsione, ad esempio, che le autenticazioni di firma e di copia previste dal codice civile per gli atti societari possano essere effettuate dal personale dell’ufficio del registro delle imprese.

Poi abbiamo ascoltato attentamente il Presidente Dalpez dopo avergli chiesto se, dopo il primo appuntamento con il M5S, avesse avuto altri incontri o proposte da parte di altre forze politiche o dell’attuale Giunta. Ci è sembrato di capire che non sia accaduto nulla, come se l’argomento fosse sospeso e in balia di un’inerzia politica e legislativa, ad eccezione della riforma a livello nazionale dell’ente voluta dal Governo Renzi.

Dalpez, dopo 15 anni, lascerà la presidenza della Camera e per questo motivo ha potuto fornirci un quadro storico dell’ente che permette di capire quali siano i motivi che hanno portato a questa situazione di stallo che non porta vantaggio né alle imprese né ai cittadini dato che col tempo la Camera è stata svuotata di funzioni che invece si sarebbero dovute rafforzare per tutelare gli interessi collettivi delle imprese, creando opportunità di affari, formazione, efficienza burocratica, fornitura di servizi di carattere legale, amministrativo e generale. Questo, in un grave momento di crisi come quello attuale, sarebbe stato un forte strumento di supporto e avvio delle imprese, soprattutto quelle piccole e medie, giovando indirettamente alla ricchezza e all’occupazione locale.

Invece, da quanto è emerso dalle dichiarazioni della Direzione, nella riforma Renzi che taglia il 50% dei diritti camerali e vorrebbe riportare molte funzioni dell’ente al Ministero competente, prevale solo l’aspetto finanziario trascurando completamente il principio di sussidiarietà grazie al quale operano le Camere di Commercio fin dal 1599 quando vennero costituite le prime in Francia. Nel nostro ordinamento giuridico esse sono enti pubblici locali dotati di autonomia funzionale e, di conseguenza, sarebbero drasticamente ridimensionate se le funzioni venissero man a mano ridotte e se la loro autonomia minata dall’impossibilità di essere indipendenti finanziariamente. Dalpez e Leveghi, infatti, ci confermano che la riforma e il taglio dei diritti camerali porteranno, secondo le stime, a un “rosso” di 2-2,5 milioni di euro dal prossimo esercizio e l’ente potrebbe assestare tali perdite solo per due anni al massimo.

La Provincia, che aveva già sottratto funzioni alla Camera attraverso Trentino Sviluppo e entrando in Trentino Sprint, ha fatto intendere che potrebbe assorbire le funzioni camerali lasciando solo il Registro delle Imprese che poi verrebbe forse tolto e centralizzato in capo al Ministero dello Sviluppo Economico a Roma. A quel punto, della Camera di Commercio rimarrebbe solo il ricordo e una diaspora delle associazioni con gravi danni soprattutto alle piccole imprese. Nella nostra Provincia esse hanno infatti le maggiori difficoltà a fare “rete”, a causa delle loro dimensioni e localizzazioni, tanto che il Presidente ci conferma che il 70% circa dell’Export trentino è generato da 30 imprese.

Sulla base del principio di sussidiarietà di cui all’articolo 118 della Costituzione, la Camera di commercio dovrebbe svolgere le funzioni di interesse generale per il sistema delle imprese, curandone lo sviluppo nell’ambito delle economie locali, in modo più efficiente e meno oneroso di quanto lo Stato potrebbe fare nella sua forma amministrativa centralizzata.

Dalpez ci dice che sono ormai almeno 10 anni che le istituzioni e i partiti politici locali parlano di riforma dell’ente camerale senza alcuna proposta portata a termine. E questo è il nodo cruciale. Invece che puntare a finalizzare una riorganizzazione e un rafforzamento di un ente camerale esistente da secoli e con forti relazioni internazionali, va ricordato infatti che le Camere di Commercio esistono in tutto il Mondo e con reti di connessioni tra loro forti e indipendenti dagli Stati in cui operano, si punta ad indebolirlo mortalmente a livello finanziario e a livello funzionale con l’obiettivo di trasferire tutto all’apparato burocratico locale e a quello statale centralista.

Questo accade al completo opposto di quanto avviene all’estero e basta confrontarsi con altri paesi europei. Ad esempio in Francia, Germania, Spagna, Austria e Paesi Bassi le Camere di Commercio sono e operano come enti pubblici riconosciuti dall’ordinamento giuridico come in Italia. Invece nei paesi anglosassoni, tranne l’eccezione del Belgio, esse sono associazioni di diritto privato, alle quali le imprese aderiscono volontariamente, che svolgono funzioni ed azioni come gruppi di pressione (lobby). Questo secondo caso, afferma Dalpez, sarebbe lo scenario peggiore dato che l’Italia soffre da sempre il problema e la mancata regolamentazione delle lobby. Lo sbilanciamento sarebbe a favore delle grandi imprese mentre le piccole, che sono la maggioranza in Trentino, non ne avrebbero vantaggi. Di essi il Presidente non ne intravede nemmeno dall’assegnazione di funzioni camerali alla Provincia e a tal proposito ci ricorda che quando il registro delle imprese passò alla Camera di Commercio, i dipendenti assegnati a quell’ufficio passarono dalle 11 alle 4 unità, senza perdite di efficienza.

Olivo ci tiene a sottolineare che il principio di sussidiarietà dovrebbe essere rafforzato e non indebolito dato che il servizio di visura e gestione del registro delle imprese ha ormai assunto un valore giuridico, amministrativo e di controllo apprezzato anche dagli organi di Pubblica Sicurezza che riescono in tempi rapidi a ricostruire la storia di un’impresa e ad individuarne i soci con evidenti vantaggi per i clienti, i consumatori e la collettività in contrasto a corruzione e a infiltrazioni mafiose. Tale efficienza non sarebbe raggiungibile con la centralizzazione del sistema a livello statale ministeriale.

Premesso che la riforma dell’organizzazione, delle indennità dei componenti e dei trasferimenti dalla Regione verso la Camera di Commercio, deve passare per la revisione di un’apposita legge regionale, crediamo che gli aspetti discussi nell’incontro pongano dei seri dubbi sull’utilità di un cambiamento, quello voluto dal Governo Renzi, basato più su argomentazioni finanziarie e di accentramento di funzioni a livello statale con tutti i risvolti negativi di mancato supporto alle piccole e medie imprese e di indebolimento di controllo e efficienza.

Attendiamo di conoscere le proposte delle altre forze politiche e delle varie associazioni in lotta per la direzione dell’ente ma evidenziamo l’importanza e l’urgenza della riforma della Camera di Commercio nel senso della diminuzione dei suoi costi, il suo rafforzamento nelle relazioni con le associazioni delle piccole e medie imprese, la promozione di una sempre maggiore efficienza in confronto all’apparato pubblico provinciale, l’aumento dei servizi offerti a costi minori per permettere alle imprese trentine di poter competere con le altre concorrenti europee e mondiali, la contrarietà a togliere funzioni all’ente per permettere alla Provincia di creare altre società controllate o partecipate, la competenza di includere anche il settore del turismo che finora è rimasto un tabù a esclusivo appannaggio della Provincia con evidenti distorsioni, sprechi e inefficienze.