Serodoli e il pensiero unico dominante

Madonna di Campiglio, 11 ottobre ’13

In questi ultimi mesi intorno all’ipotesi di ampliamento del comprensorio sciistico Pinzolo – Campiglio – Folgarida –Marileva nell’area di Serodoli, si sta delineando un percorso, tracciato ormai innumerevoli volte, in cui la separazione è netta tra gli attori che sponsorizzano l’operazione dell’area sciistica e i cosiddetti ambientalisti. Questa divisione ricorrente scandita da reciproci ricorsi al TAR, è frutto di una cultura autoreferenziale della politica ad ogni livello. La discussione propedeutica ad un intervento di tale portata, va oltre la proprietà del territorio ed oltre gli innumerevoli e forti vincoli paesaggistici gravanti sull’area in questione, vincoli che purtroppo anche la storia recente ci insegna essere facilmente rimuovibili da decisioni puramente politiche. Serodoli come la TAV, di futura realizzazione in Val D’Adige, o come l’idea che una crescita a dismisura sia ancora una via realisticamente perseguibile, vanno a braccetto con quella cultura di onnipotenza infantile in cui il senso del limite non viene pienamente compreso.

Tornando alle nostre considerazioni di partenza poniamoci una domanda. Siamo sicuri che un eventuale ampliamento dell’area sciistica di Serodoli porti ad un tasso di prestigio ed un appeel maggiori alla località e quindi ad un miglior benessere per le comunità che da questo tipo di turismo traggono beneficio? La risposta è semplicemente si se si ragiona con schemi ormai consunti e che in altri contesti territoriali sono da anni messi in discussione. Faccio riferimento ai versanti settentrionali delle alpi (Austria, Francia, Svizzera) con digressioni al di qua del Brennero lungo alcune valli alto-atesine. In questi territori l’idea che lo sci si riduca ad una attività ripetitiva e quantitativa scandita da innumerevoli passaggi ai tornelli degli impianti per accedere a “palestre” perfettamente innevate e levigate è stata fortemente ridimensionata. Accanto alle classiche piste troviamo opportunità di percorrete tratti solo parzialmente addomesticati che richiamano un’utenza esigente e tecnicamente evoluta con interesse al freeride (vi ricordate le gobbe dello Spinale davanti?), oppure lo sciatore viene coinvolto lungo piste slowski in cui piccole baite defilate permettono un relax solitario e contemplativo con possibilità di essere indirizzati in una breve ciaspolata scoprendo il piccolo rifugio lontano dai clamori delle piste affollate. Sempre nel concetto di slowski, possono essere ricondotti gli snow park dedicati prevalentemente agli snowboarder , le piste dedicate ai bambini, con percorsi modulati in una sorta di gimkana ed ancora per i più piccoli che muovono i primi passi, possono essere creati campi gioco variamente attrezzati. Siamo quindi di fronte a realtà che tendono ad una integrazione delle varie possibilità che il mondo della neve suggerisce senza scadere nella monocoltura impiantistica legata allo sci di quantità. Non possiamo altresì escludere punti di contatto e di scambio all’interno delle aree sciabili esistenti, in cui lo stesso utente possa sperimentarsi in veste di sciatore, fondista od escursionista contemplatore.

L’ipotesi Serodoli deve essere presa come occasione per immaginare le stazioni sciistiche del futuro, basate non solamente sui chilometri di piste da portare in dotazione. Immaginare vuol dire anche condividere delle idee attraverso una vera ed ampia partecipazione, che non sia solamente perseguita all’interno di assemblee ipertrofiche consumate presso la Comunità di Valle, i cui membri non arrivano con idee elaborate effettivamente attraverso modalità democratiche di confronto ad ampio respiro (gruppi di lavoro interdisciplinari aperti anche ai semplici cittadini), ma appaiono come ratificatori (anche in buona fede) di scelte maturate all’interno di una politica autoreferenziale e blindata.

Lorenzo Leoni – Candidato consigliere

Lettera pubblicata da LaVoceDelTrentino

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