Da Valsugana News n. 6/2025
M’è sempre piaciuta l’immagine della psicanalista francese Françoise Dolto che paragonava l’adolescenza a un appartamento dove lavorano i muratori e in cui non c’è un angolo tranquillo per riposare.
In effetti è il periodo dell’esistenza in cui ogni ragazzo è impegnato nel delineare il suo vero sé, cioè nel definire chi è, cosa vuole, in che cosa credere, dove andare, insomma cosa fare della sua vita e questo gli crea un notevole stress con componenti depressive.
È anche il momento in cui sente il bisogno di staccarsi dai genitori e trovarsi con i suoi pari età.
E’ questo un passaggio necessario, ma anche difficile, perché l’autonomia dalla famiglia piace, ma fa anche paura e il gruppo aiuta a trovare il coraggio per operare questo distacco. Diventando parte di un gruppo si abbassa però anche la responsabilità individuale e inoltre i comportamenti a rischio e la trasgressione possono diventare delle modalità per farsi accettare o per cercare di superare, tramite l’approvazione o l’ammirazione dei propri amici, eventuali difficoltà o blocchi evolutivi.
I comportamenti a rischio, poi, come l’uso di alcol, tabacco, di droghe illegali, ma anche la guida pericolosa e altro sono favoriti da una supposta invulnerabilità personale che caratterizza gli adolescenti per i quali la morte è un evento molto remoto e le tragedie possono succedere solo agli altri.
E’ anche vero però che l’assunzione di rischi è un comportamento transitorio normale durante l’adolescenza e che la maggior parte dei ragazzi che usano alcol, tabacco e droghe illegali non sono destinati, fortunatamente, a diventare forti consumatori, consumatori cronici o problematici. Per molti, infatti, basta una brutta esperienza come lo star male dopo aver bevuto troppo ad una festa o dopo aver assunto qualche stupefacente per non ripro- varci più. Sicuramente ci vuole anche fortuna perché c’è chi, per una volta, è entrato in coma etilico per non uscirci più o chi ha usato qualche sostanza e s’è “fumato” il cervello.
Una cosa però è ormai certa: le campagne terroristiche non servono, anzi risultano controproducenti. Non è neppure servito portare nelle scuole degli ex alcolisti o tossicodipendenti perché passava l’idea che tanto, dall’alcol o dalla droga si poteva uscire come e quando si voleva, ma si sa invece che è molto dura.
Ciò non significa che l’informazione non serva, ma purtroppo chi abusa di alcol o fa uso di stupefacenti o corre in macchina o fa tutte queste cose assieme esponendo a grossi rischi la propria vita, lo fa di proposito. Freud ha parlato di “pulsione di morte” per spiegare certi comportamenti negativi o pericolosi che danno un godimento “Al di là del principio di piacere”, titolo del saggio in cui ha teorizzato questo concetto sconcertante, ma ormai fatto proprio dagli studiosi. Ciò spiegherebbe in parte le morti del sabato sera che possono essere anche dei suicidi mascherati.
Certo, i ragazzi di oggi, per dirla con il filosofo Umberto Galimberti, “non vedono il futuro come risorsa, ma come minaccia” e sono sempre più quelli che si chiudono in casa o che affidano le loro relazioni sociali allo smartphone, ma fortunatamente, per la maggior parte dei ragazzi, l’adolescenza, con le sue difficoltà, crisi, conflitti, depressioni è pur sempre una fase di passaggio e non uno stato permanente.
È ormai anche assodato che i comportamenti a rischio (persino i tentati suicidi) agiti da certi adolescenti sono delle richieste d’aiuto e a questo proposito mi sembra interessante e degno di nota quanto sostenuto dallo psichiatra e psicoterapeuta Pietropolli Charmet che li attribuisce ad un’assenza del padre che così è costretto a prendersi finalmente cura del figlio.
Ma aggiungerei come controindicazione anche un eccessivo permissivismo dei genitori che un ragazzo non è in grado di gestire. Gli adolescenti, infatti, sentono forte il desiderio di autonomia, ma per certe cose e in certi momenti cercano ancora la dipendenza dai genitori e se questi non ci sono o sono fragili, diventa un problema. Ritengo che se un giovane cresce in un ambiente familiare favorevole, con dei genitori disposti ad ascoltarlo, a capirlo nella sua ricerca di libertà, ma anche a contenerlo senza timore di entrare in conflitto con lui quando non rispetta regole e limiti, allora i rischi di devianza sono minori, anche se non è matematico.
Importante è poi l’esempio dato dallo stile di vita della famiglia e da ciò che i genitori riescono a comunicare: valori e desideri che non siano solo gli pseudodesideri indotti dalla pubblicità e dal consumismo. Insomma non è tanto importante ciò che un genitore dice, soprattutto in questa età, ma ciò che è e ciò che fa.
Altrettanto importante, poi, è che la scuola collabori con la famiglia e che gl’insegnanti si facciano rispettare, ma anche rispettino, che sappiano valorizzare e non umiliare.
Ma importante è anche la politica che riesca a vedere nei giovani una risorsa e non solo un problema. Una politica che s’impegni a creare degli spazi, dei punti d’incontro che con un’intelligente e discreta mediazione degli adulti fornisca ai ragazzi un’alternativa al bar, al pub o alla discoteca.
In conclusione, per contenere la trasgressione caratteristica dell’età adolescenziale, credo più nella prevenzione attuata dalla famiglia, dalla scuola e dalla società piuttosto che nella repressione o in qualche intervento sporadico e tardivo.
a cura di Paolo Degasperi, psicopedagogista e sociologo
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