Oltre il silenzio e le armi: perché quest’anno non ascolteremo il discorso di fine anno del presidente Mattarella

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Mentre ci avviciniamo alla fine di un altro anno segnato da conflitti e tensioni internazionali, sentiamo il dovere, come cittadini attivi e come associazione, di condividere una riflessione profonda che nasce da un forte senso di dissenso rispetto alle recenti posizioni assunte dalla massima istituzione del nostro Paese.

La contraddizione del riarmo.
​In un momento in cui il mondo avrebbe un disperato bisogno di diplomazia e mediazione, assistiamo con preoccupazione a una narrazione che dipinge il riarmo non solo come una necessità, ma come un dovere, nonostante l’evidente impopolarità di tali scelte. Ci viene detto che investire in armamenti è necessario per garantire la pace e la sicurezza, ma questa logica appare come un paradosso pericoloso. Mentre autorevoli voci morali come quella di Papa Leone XIV invocano il disarmo integrale e criticano la trasformazione dei pensieri e delle parole in armi, i nostri governanti sembrano muoversi in direzione opposta. Sostenere che la spesa militare sia prioritaria rispetto ai bisogni primari della popolazione – la sanità, il lavoro, il pane… – significa tradire il mandato di rappresentanza del popolo italiano.

​Il peso del silenzio sulla Palestina.
​Non possiamo poi ignorare il silenzio assordante che circonda la tragedia in corso in Palestina. Le testimonianze che giungono dai territori occupati parlano di una sofferenza che non ha precedenti, di una violazione sistematica del diritto internazionale e di una dignità calpestata sotto gli occhi di un mondo politico che spesso preferisce voltarsi dall’altra parte.
​Chiedersi quale sia il ruolo dell’Italia di fronte a queste atrocità è un nostro dovere morale. Non si può parlare di democrazia e libertà di espressione nelle nostre istituzioni europee, se poi, nei fatti, si resta inerti di fronte a chi denuncia crimini umanitari o se si proteggono interessi che vanno contro la giustizia internazionale. La complicità, anche quando è fatta di solo silenzio, resta una responsabilità gravissima.

 

Una scelta di coerenza.
​I pilastri della nostra democrazia dovrebbero essere la difesa della vita e il ripudio della guerra, come sancito dalla nostra Costituzione. Quando le dichiarazioni istituzionali si fanno “belliciste” e quando la diplomazia cede il passo alla corsa agli armamenti, sentiamo che si va in direzione opposta e contraria alla volontà dei popoli.
​Per queste ragioni, quest’anno abbiamo deciso di non seguire il tradizionale rito del discorso di fine anno del Presidente della Repubblica. Non è un gesto di mancanza di rispetto verso l’istituzione, ma un atto di coerenza e di risveglio delle coscienze.
Vogliamo che il nostro sia un segnale: la pace non si costruisce con i missili, e la sicurezza non si ottiene ignorando i diritti dei più deboli.

​Continueremo a impegnarci affinché la voce di chi chiede pace, giustizia e verità non venga mai messa a tacere.

 

A cura del Comitato di Redazione)


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