Referendum Cavalese. Dichiarazioni Welponer inopportune, stato di diritto deve restare stella polare

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A Cavalese domenica prossima i cittadini saranno chiamati al voto per decidere come dovrà rinascere il teatro comunale dopo l’incendio che lo danneggiò. I cittadini devono essere liberi di decidere secondo coscienza, ma sembra proprio che dalle parti della maggioranza comunale si stia facendo di tutto per indurli a seguire le scelte da essa già prese e messe in discussione dalla consultazione.

Per funzionare un referendum popolare abbisogna di tante cose, su tutte la garanzia che le parti in causa non facciano politica cercando di “indirizzare la partita” a proprio favore prima del fischio d’inizio. Una strada che a Cavalese purtroppo pare essere stata imboccata dalla maggioranza comunale, sia con la nomina unilaterale della commissione neutra per il referendum da parte della giunta, che con le dichiarazioni del sindaco Welponer, il quale si è spinto a mettere in dubbio la correttezza di un quesito approvato in tutte le sedi preposte.

Per assicurare la libera formazione dell’opinione degli elettori l’amministrazione comunale di Cavalese non può limitarsi a libere interpretazioni delle indicazioni del Corecom, organismo di nomina politica che ha già dimostrato la sua fallacia nelle recenti consultazioni elettorali e referendarie nazionali (Delibera Agcom 42/18CONS e 648/16CONS). Se vuol fare onestamente l’interesse dei suoi cittadini e non lotta politica di parte, il Comune di Cavalese deve invece orientare la propria azione amministrativa alle linee guida della normativa elettorale e referendaria italiana nonché al patrimonio costituzionale europeo e nel dettaglio del Codice di Buona condotta in materia di Referendum stilato dalla Commissione di Venezia del Consiglio d’Europaa cui tutti gli stati Membri dovrebbero ispirarsi. Il Codice stabilisce che l’uguaglianza delle opportunità deve essere garantita ai sostenitori e agli oppositori della proposta in votazione e che si traduce nella neutralità da parte delle autorità amministrative soprattutto in relazione alla copertura da parte dei mezzi di informazione, in particolar modo quelli pubblici, l’affissione di manifesti e la pubblicità, il diritto di manifestare nelle principali strade della città.

Sul punto specifico della neutralità nel dibattito pubblico, il Codice dice espressamente che, pur non essendo necessario vietare completamente l’intervento da parte delle autorità in favore o contro la proposta sottoposta a referendum, le autorità pubbliche non devono influenzare l’esito del voto con una campagna referendaria eccessivamente unilaterale. A Cavalese però è avvenuto l’esatto contrario. Il Sindaco, invitando all’astensione e mettendo in discussione il parere di ammissibilità espresso dal Difensore Civico con un giudizio critico negativo sulla ragionevolezza e sulla comprensibilità della formulazione (si veda L’Adige “Welponer: il 23 astensione”, 13 set 2018), ha adottato un comportamento che ostacola il diritto dei cittadini di promuovere un’iniziativa referendaria affinché sia tenuta in conto la loro volontà. Tale comportamento è peraltro passibile di sanzioni penali così come risulta dal combinato disposto della legge elettorale (art.98 T.U.) e di quella sul referendum (art.51 L.352/1970) nonché dalla giurisprudenza consolidata della Corte di Cassazione in cui si prevede espressamente che il pubblico ufficiale che si adopera a indurre gli elettori all’astensione, è punito con una multa e un periodo di reclusione da sei mesi a tre anni.

Una riflessione va sviluppata anche sull’informativa in ordine al referendum comunale pubblicata sul sito web istituzionale dalla Commissione “neutra” e sulle dichiarazioni a mezzo stampa del Sindaco in ordine agli esiti del referendum. Gli esperti nominati dalla Giunta hanno riportato un’illustrazione stringata “qualunque sia il numero degli elettori votanti, il Consiglio comunale deve pronunciarsi sull’esito del referendum entro trenta giorni dalla votazione” mentre il sindaco vorrebbe far credere che la volontà popolare sia comprimibile dall’amministrazione comunale visto che “il sì o il no non cambieranno quasi niente”. La verità, invece, è un’altra. La forza della procedura referendaria deriva da un diritto fondamentale sancito nella Carta Universale dei Diritti dell’Uomo (art.21) e nella Costituzione italiana (art.3). Gli organi rappresentativi non si possono porre in posizione di supremazia nei confronti del comitato promotore invitando all’astensione o prefigurando la libertà del Consiglio o della Giunta di interpretare liberamente l’esito referendario, ma deve partecipare e concorrere con il comitato promotore alla massima trasparenza e all’attuazione degli strumenti di democrazia diretta nell’interesse della collettività che è chiamata ad esprimersi. E’ quindi censurabile la mancata illustrazione degli effetti e dei vincoli del referendum nei confronti dell’amministrazione e la mancanza di indicazioni dei soggetti singoli o collettivi che hanno inviato le osservazioni riportate nell’informativa. Peraltro, il passaggio dell’informativa in cui si sottolinea “l’indeterminatezza e la contraddittorietà del quesito” avrebbe dovuto essere censurato poiché mira a delegittimare il parere del Difensore Civico in una sede inappropriata.

Il referendum è uno strumento positivo che ha il fine di indirizzare le decisioni dell’ente comunale affinché queste vadano nella direzione degli interessi della popolazione. Mette i cittadini in condizioni di interloquire con la propria amministrazione in maniera dinamica, facendo sentire la propria voce e sollecitando una riflessione ulteriore a quella propriamente e unicamente istituzionale (vedi ordinanza del Tribunale di Rovereto del 2/2/2018 RG. 1309/2017).

Infine, è pacifico che il referendum consente di esercitare il diritto di partecipare agli affari della collettività locale non solo attraverso la mera interlocuzione con la propria amministrazione bensì di prendere decisioni vincolanti. Mortati in un memorabile intervento disse che il Popolo non si consulta, non dà pareri, il Popolo decide. Forse questo il sindaco Welponer non lo sa o forse non lo dice sapendo di non essere imparziale nell’esercizio delle proprie funzioni.