Mantenimento e pulizia della Fossa Granda di Darzo – Int.3812/XV

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SCHEDA INTERROGAZIONE N. 3812/XV A RISPOSTA SCRITTA

a piè di pagina risposta dell’assessore Gilmozzi
del 23 agosto 2017

Premesso che

Gli assetti fondiari collettivi (campi, fossi, pascoli, boschi, etc.) nella storia delle comunità locali trentine sono stati oggetto di una secolare e oculata gestione e di un livello di appropriazione dei censiti tali da garantire la continua manutenzione degli stessi. Gli usi civici, ovvero le regole per il godimento collettivo dei predetti beni collettivi, continuano a riguardare il sistema di cura del territorio, monitoraggio e sanzione nei confronti dei trasgressori.

Il mantenimento dei fossi in buono stato era uno degli obblighi assegnati ai censiti dagli statuti delle antiche comunità poiché rappresentavano elementi cardine per la sicurezza idrogeologica, lo spazio naturale e gli equilibri ecologici dell’ambiente rurale.

Nell’antica comunità di Darzo (ora frazione del Comune di Storo), la Fossa Granda ha sempre rappresentato uno degli elementi distintivi del patrimonio civico locale tanto da essere menzionata nell’Atto di terminazione del territorio siglato presso il Palazzo al Caffaro di Lodrone il 16 agosto 1534 : “[…] duos terminos saliceos positos inde ad fossam magnam, scilicet ad Pontem Paladæ […]” che è seguito all’atto di infeudazione del 1434 e al Satuto delli Homini di Darzo Contado di Lodrone del 5 maggio 1534 (fonte: L’Antica comunità di Darzo di Gianni Poletti e Franco Bianchini – Il Chiese editore, 2006).

Le prassi in uso nella comunità darzese per il mantenimento dei fossi sono state compiutamente inserite nello Statuto della Comunità di Darzo approvato il 29 agosto 1772 nel capitolo 17° Del scavar li fossi e fosse nella campagna: “Statuimo ed Ordiniamo che qualonque persona di Darzo o anco estera che avesse benni entro il territorio di Darzo sia tenuta ed obligada scavar e mantener scavati e curati li fossi da fanghi così ne luoghi proprii particolari come comunali che avesse in locatione o condotta, per qaunto sono adiacenti et confinano col loro respettivo fondo a detti fossi o fosse, acciò scorrendo l’aque resti sollevata la campagna dalle inondationi e purgata l’aria da quelle influenze che pur troppo sogliono invadere ed opprimere li corpi umani, e ricusando alcuno l’adempimento di questo Capitolo, cadi senza veruna remissione nella pena di troni cinque per qualunque volta che, ammonito sarà, non adempirà al suo dovere come sopra, la qual pena sarà applicata alla Comunità, ed oltre ciò possa la Comunità medesima fare scavar tal parte di fosso a danni e spese d’essa persona renitente, non più avvertito nè avvisato”.

Nei giorni scorsi si è appreso dalla stampa che la Fossa Granda di Darzo si trova in uno stato di degrado (“La Fossa Granda è abbandonata e abbandonata agli sterpi” di S.M. – Trentino, 9 novembre 2016 e “Darzo, acque nere nella Fossa Granda” di S.M. – Trentino, 14 ottobre 2016). Le cause che hanno portato a una simile situazione deriverebbero da una serie di azioni antropiche che si sono susseguite negli ultimi decenni: 1) il corso naturale delle acque del rio Carbonere che alimentava la Fossa Granda è stato deviato nel 1976 determinando il graduale prosciugamento della Fossa; 2) nella medesima Fossa Granda insistono degli scarichi di acque nere non trattate (vedere immagini in allegato all’atto) che sembrerebbero risultare da una progettazione e da una conseguente realizzazione degli allacciamenti alle condotte fognarie non conformi alle buone pratiche idrauliche. Dalle dichiarazioni di un amministratore locale sarebbero inoltre una sessantina i privati a dover sistemare i loro impianti; 3) dalle dichiarazioni dei censiti riportate sulla stampa si evincerebbe infine l’insufficienza delle azioni per il mantenimento e la pulizia degli argini della medesima Fossa Granda.

Il fenomeno di prosciugamento, lo scarico di reflui nel corpo idrico e la mancata manutenzione degli argini che si protraggono da anni, evidenzierebbero la mancanza di politiche pubbliche coordinate e di interventi finalizzati alla protezione delle acque, dell’ambiente rurale e della biodiversità e alla valorizzazione di acque quali spazi ricreativi.

In considerazione dei fatti e dei dati sopra esposti, si giunge alla conclusione della necessità di definire e promuovere interventi idraulici, regolamentari e di indirizzo per ristabilire l’equilibrio naturale della Fossa Granda di Darzo;

Tutto ciò premesso si interroga il Presidente della Provincia per conoscere

  1. se intenda verificare la corrispondenza della progettazione, della costruzione e del corretto funzionamento delle condotte e del collettore fognario con gli standard minimi previsti dalla normativa e dalle migliori prassi gestionali;

  2. quali iniziative intenda adottare per garantire il deflusso minimo vitale, per favorire la rivitalizzazione e la valorizzazione ecologica della Fossa Granda nonchè la rinaturazione del corpo idrico e dello spazio circostante, quale patrimonio civico e ambientale della comunità darzese.

Cons. prov. Filippo Degasperi
Gruppo consiliare MoVimento 5 Stelle

n. 1 allegato

L’Adige, 26 novembre 2016 

23 agosto 2017 – Risposta assessore alle infrastrutture e all’ambiente Mauro Gilmozzi

Con riferimento all’interrogazione in oggetto, si premette innanzitutto che, la Fossa Grande di Darzo -iscritta nell’Elenco delle Acque pubbliche della provincia di Trento (con il n. 2496) e identificata da varie particelle fondiarie demaniali nei comuni catastali di Darzo e di Lodrone- fa parte del demanio idrico provinciale, cui si applica la legge provinciale sulle acque pubbliche (L.P. 18/76) e dunque, le funzioni relative all’esecuzione e manutenzione delle opere idrauliche e alla polizia idraulica.

Essa è un canale artificialmente creato già nel Medioevo, allo scopo di drenare le acque superficiali e di falda presenti all’interno della piana di Darzo e di Lodrone e, favorirne così la coltivazione. Nella Fossa confluivano in origine tre torrenti provenienti dal versante idrografico destro della Val del Chiese (Carbonare, Capre, Santa Barbara), divenuti poi due (Capre e Santa Barbara) per effetto dello spostamento della confluenza del rio Carbonare direttamente nel fiume Chiese.

Lungo la Fossa Grande non sono presenti vere e proprie opere idrauliche, bensì semplici argini in terra, che non hanno fino ad ora richiesto particolari interventi di manutenzione, tanto che saltuariamente il Servizio Bacini montani è intervenuto invece a moderare la presenza di vegetazione lungo le sue sponde. Va peraltro precisato che la presenza di vegetazione spondale non pare costituire un potenziale pericolo dal punto di vista idraulico, tant’è che la Carta della Pericolosità non prevede alcuna penalità di natura idraulica nei confronti dei terreni limitrofi alla Fossa, quanto invece un elemento di disturbo e interferenza per le coltivazioni (in prevalenza mais) presenti ai bordi della stessa.

A tale proposito, si ricorda come la normativa provinciale sulle foreste e la protezione della natura (L.P. 11/2007) espressamente preveda di “assicurare il mantenimento o il ripristino della vegetazione spontanea nella fascia immediatamente adiacente ai corsi d’acqua, con funzioni di filtro per i solidi sospesi e gli inquinanti di origine diffusa, di stabilizzazione delle sponde e di conservazione della biodiversità” (art. 9, c. 4). In altri termini, le azioni per la regolazione della vegetazione presente lungo le sponde della Fossa si connotano più come operazioni di bonifica agraria che non di manutenzione idraulica e, devono in ogni caso tener conto della fondamentale funzione di filtro svolta dalla vegetazione medesima.

Per quanto concerne la portata della Fossa Grande e dei rii che in essa si immettono, va innanzitutto precisato che la portata del rio Carbonare è talmente saltuaria e modesta (salvo rari fenomeni di piena torrentizia) da far escludere a priori la possibilità, adombrata nell’interrogazione, che lo spostamento della confluenza possa aver causato “il graduale prosciugamento della Fossa”.

Rispetto alle derivazioni idriche che utilizzano in vario modo l’acqua dei torrenti e fosse che alimentano la Fossa Grande, si evidenzia che le stesse sono soggette al rilascio del DMV e che, per alcune di esse, tale rilascio è diventato obbligatorio solamente a partire dal 1° gennaio 2017.

Premesso tutto questo, con riferimento al primo quesito posto dall’interrogante, si precisa che la Provincia non ha competenza sulla progettazione, realizzazione e manutenzione delle reti fognarie comunali e che tali competenze rimangono in capo al comune medesimo. Invece, con riferimento al secondo punto dell’interrogazione si specifica che:

  • la Fossa Grande di Darzo è un canale realizzato per far defluire le acque di falda ed in quanto tale è soggetta a fluttuazioni di portata in ragione del livello della falda stessa, senza che questo fatto sia riconducibile alla presenza di utilizzi o derivazioni idriche;

  • per le derivazioni che interessano i corpi idrici alimentati, per alcuni periodi dell’anno, solamente dalla falda di fondovalle, le disposizioni relative al rilascio del DMV -di cui alla deliberazione della Giunta provinciale n. 2378 del 2015- non forniscono indicazioni specifiche; sono pertanto allo studio delle specifiche linee guida per la quantificazione e le modalità di attuazione del DMV da derivazioni idriche situate sulle varie fosse di fondovalle, che tengano conto della valenza naturale ed ecologica delle stesse;

  • in ogni caso il deflusso minimo vitale viene previsto in corrispondenza delle opere di derivazione che si trovano sul corpo idrico interessato (come sopra detto per il caso specifico della Fossa Grande) e serve a fare in modo che la portata naturale non possa essere totalmente prosciugata dalle derivazioni stesse; tali quantitativi non possono comunque garantire la presenza di un deflusso quando le portate naturali, in caso di abbassamento della falda, non sono disponibili.

Distinti saluti.

– Mauro Gilmozzi –